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    sexta-feira, janeiro 09, 2009

    lux aeterna

    Sono le due del mattino di una gelida notte di Gennaio ed io non riesco a dormire. Da diversi mesi non scrivo più su questo blog e se lo faccio, lo faccio saltuariamente. Onestamente non so neanche più se qualcuno lo legge, i tempi memorabili delle chiacchierate ai bordi dei post mi sono quasi sfuggiti di mano, ma lo scopo non è quello di farsi notare.
    Il cielo di marmellata è stato, è e resterà sempre il luogo a cui ho affidato tutti i miei sogni, le mie paure, le mie speranze, come fosse un vecchio diario con la copertina in pelle ed il laccetto in cuoio, scrivere su queste pagine è impagabile; una volta una persona mi disse -perchè non pubblichiamo su carta il blog? - ....non so se sarebbe lo stesso.
    Ultimamente il distacco dalle cose reali è sempre più evidente e cresce al ritmo della mia nuova barba che ormai è folta ed incontrollabile, sembro un vecchio che vive di ricordi e rimugina sul passato e contemporaneamete uno scapigliato ventenne che non pensa ancora al futuro, forse non so più bene chi sono ma soprattutto non so bene dove vado. Le certezze che avete potuto leggere su queste pagine sono scomparse una ad una, non sorrido o sorrido amaro, mi sento vuoto e vorrei scappare, possibilmente in un posto dove la gente faccia fatica a rivolgermi la parola, non ricordo nemmeno più il volto di mio padre e neppure la sua voce.
    Gli sbagli commessi non contano nemmeno più e forse non avrò occasione di porvi rimedio. Paradossalmente l'inedia spirituale in cui sto sprofondando ha un sapore dolce come quello dei mandaranci che ho sbucciato questa sera, guardando fuori dalla finestra, mentre mia madre dormiva davanti alla televisione in un'atmosfera di surreale serenità familiare.
    L'ansia lascia spazio a sensazioni di piacevole oblio ed anche stanotte che non chiudo occhio non mi sento inquieto nemmeno un po', piuttosto avverto una sensazione di vigile attesa come se stessi aspettando qualcuno o qualcosa, come se non potessi permettermi di dormire pena la perdita di quell'attimo irripetibile.
    Com'è silenziosa la notte anche in una città frenetica come quella in cui vivo e le ombre che scorrono sui muri sono solo quelle dei giochi del vento coi lampioni, se la metà del gelo che i miei polpastrelli avvertono sui vetri della finestra è lì fuori allora fa proprio freddo; eppure una voglia di spalancare le ante, aprire le braccia e lasciarmi cadere è quasi irrefrenabile... magari morirei ed invece magari spiccherei il volo e passando di casa in casa bacerei le persone che ho amato, così, nel sonno dei loro sogni e li saluterei una volta per tutte, per sempre, pregandoli che si ricordino di me nei loro discorsi così come loro vivono in me ogni giorno.... ed invece il pianto isterico mi gonfia gli occhi e mi risiedo, sperduto, di fronte al cielo di marmellata sperando mi comprenda almeno un po'...

    Etiquetas: me medesimo stesso

    saido da cabeça de rutger @ 2:00 da manhã 

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