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    segunda-feira, novembro 06, 2006

    lettera alla madre (le parole che non oserei mai dirti)

    Cara Madre,
    sono giorni cupi questi svuotati di significato per colpa della presunzione.
    Tanto superbo è stato il desiderio di arrivare alla verità in questi anni che la delusione di sapere che non v’è verità alcuna spesso mi porta quasi al limite della follia; come un moderno Icaro ho indossato le ali di cera che sono svanite al primo sorgere del sole.
    Proprio per questo di fronte all’amaro responso della caducità delle cose terrene vorrei potermi caricare sulle spalle le sofferenze di tutti e fuggire sul picco più alto lasciando in pianura serenità e pace. Vita è fatta di delusioni e gioie in egual misura eppure io non mi curo delle prime che mi passano attraverso come treni in corsa e mi sento altresì terribilmente colpevole per le gioie che il destino mi riserva.
    L’universo del razionale mi ha deluso profondamente banale e rigido nelle sue regole fisse, ho indagato quindi il sopra, quello che va oltre il naturale, ma mi è stato negato perché ci vuole fede, una fede qualsiasi ed io al momento non ne ho nemmeno una.
    Certi giorni ti guardo e mi chiedo come sarebbe la tua vita se papà fosse ancora vivo, se dormiresti lo stesso davanti alla televisione tutte le sere, magari sì.
    Mi ricordo da bambino quando andavamo a dormire era vietato chiudere le porte e solo quando è arrivato il cane abbiamo cominciato ad accostarle, oggi ognuno si chiude nel suo mondo girando la maniglia e si addormenta solo, oppure non dorme come mi capita spesso per la paura di sprecare la vita col sonno.
    Certi giorni ti penso e credo che sia terribilmente ingiusto quello che è successo, non per me ma per te; mi chiedo se ho mai potuto essere un bravo figlio e se mai lo potrò essere, ma la domanda lascia il tempo che trova perché un figlio è sempre allo stesso tempo bravo e pessimo agli occhi di un genitore, a seconda delle circostanze.
    L’amore che provo per te non è certo l’amore che ti spetterebbe, l’amore che ti sei scelta tra miliardi di anime nel mondo e che hai chiuso nel mistero di un anello alla tua mano sinistra, è per questo che a confronto il mio vale zero, è come la brace del camino viva, incandescente, ma senza il necessario calore per scaldare la casa.
    Perciò impotente e ferito ti abbraccio forte nella speranza che queste parole non ti rattristino bensì ti aiutino a capire che spesso il destino degli uomini che pensano è molto più amaro degli stolti che ridono.

    Tuo Ruggero

    Etiquetas: me medesimo stesso, riflessioni

    saido da cabeça de rutger @ 10:32 da manhã 

    4 Comments:

    Blogger Bungler Butterfly said...

    Si tratta di una lettera a tua madre e non trovo giusto appesantirla e rovinarla con commenti che possono apparire impropri.
    Per quello che vale non credo che l'amoe di un figlio sia come la brace che non scalda abbastanza.
    Se è forte e sentito, come credo sia il tuo, si potrebbe tranquillamente paragonare ad un falò.

    :)

    Ale

    6/11/06 11:17 da manhã  
    Anonymous Anónimo said...

    L'amore di un genitore per un figlio è qualcosa di immenso e indescrivibile, diverso da quello per il proprio compagno/a e non paragonabile. Agli occhi di tua madre sarai sempre un bravo figlio, per quanto tu possa sbagliare nei suoi confronti. L'amore che provi per lei è grande e sarebbe enormemente felice se sapesse quanto le vuoi bene, dopotutto che senso ha dire cose così importanti al mondo intero e non alla persona interessata? Lei ha bisogno di te, non dimenticarlo.

    7/11/06 9:05 da tarde  
    Blogger rutger said...

    ....non so se è pronta.

    8/11/06 11:42 da manhã  
    Anonymous Anónimo said...

    il problema è: tu, sei pronto?

    8/11/06 12:43 da tarde  

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