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    quarta-feira, dezembro 21, 2005

    le dinamiche del gruppo

    non vorrei addentrarmi in argomenti complessi più consoni a premi nobel del calibro di Nash (che non è il chitarrista di Crosby,STill,Nash & Young...) o di filosofi del nuovo millennio ma riflettevo su una pizza e su un gruppo di persone che volevano andare in una direzione ma senza sapere quale.
    Io, da spettatore esterno, mi sono limitato ad osservare che dietro al fine comune (anche se non era ben chiaro quale fosse) erano sempre celati interessi personali come il protagonismo, l'attaccamento ad un ideale, il gusto dell'insegnare, ecc...
    Per carità niente di tragico o drammaticamente scorretto però mi sono fermato a pensare:

    IL GRUPPO E' LA SINTESI DI TANTI PROGETTI PERSONALI o GLI INTERESSI PERSONALI CONFLUISCONO NELL'IDEA DI GRUPPO?

    Che detto così sembra la stessa cosa ma c'è una sottile differenza... nel primo caso le idee singole vengono buttate in un calderone e cotte assieme per fare lo zuppone col rischio però che se i tempi di cottura sono diversi il pasto possa diventare immangiabile. Nel secondo deve essere ben chiaro il punto a cui si vuole arrivare perchè sacrificare il proprio ego per una nebulosa non chiara (quindi gettarsi nella mischia senza convinzione) è quanto di più sbagliato possa esserci.
    Chi lo sa qual'è la dinamica migliore? Mah in realtà non sempre tutte le elucubrazioni devono finire con una soluzione, l'importante è muovere il cervello e pensare!!

    saido da cabeça de rutger @ 10:20 da manhã 

    3 Comments:

    Anonymous Anónimo said...

    Io di solito taglio la testa al toro e le cose le faccio per conto mio. Ho disimparato a ragionare in gruppo da un po' di tempo ormai. Da solo ci vuole più tempo e fatica, ma insomma, sono soddisfazioni poi. Ovviamente nel caso di una pizza cerco di essere un po' più disponibile.

    21/12/05 11:03 da manhã  
    Anonymous Anónimo said...

    Gruppi e dinamica di gruppo



    Il concetto di dinamica di gruppo è introdotto in psicologia da Kurt Lewin per indicare le relazioni che interessano un gruppo e che ne influenzano lo sviluppo e la condotta. Studioso appartenente, almeno all’origine, alla corrente di pensiero che si richiama al teoria della Gestalt, ipotizza che il sistema delle relazioni e delle comunicazioni che caratterizza un gruppo possa essere considerato come una sorta di "campo", dove le forze si distribuiscono e si concentrano non casualmente per seguire andamenti legati ad equilibri e a tensioni connesse alla vita associativa.

    All’interno di un gruppo, o fra sottogruppi, si stabiliscono legami soggetti a un cambiamento che derivano da una interferenza fra le condizioni individuali, caratteristiche di ciascun partecipante, e quelle gruppali, dovute alle interazioni sociali e alle percezioni interpersonali.

    La dinamica di gruppo si propone quindi di analizzare l’andamento delle relazioni gruppali; la sua struttura e il suo fluire.

    Nonostante i contributi offerti da diversi autori, dopo Lewin, abbiano reso molto più complesso il problema e abbiano introdotto principi interpretativi talora anche molto distanti fra loro: come quello sociometrico e quello psicoanalitico, ad esempio, possiamo dire che sia possibile evidenziare una serie di caratteri comuni che sono ritrovabili all’interno di ogni gruppo.



    1. Senso di radicamento o appartenenza.

    Si tratta del sentimento connesso al sentirsi appartenente a un gruppo; condividere questo regime di appartenenza con gli altri, sentirsi bene accettato e nello stesso tempo accettare l’altro proprio in virtù di un radicamento comune. L’appartenenza dipende da alcuni fattori principali come l’identificazione e cioè la scoperta di una comune base ideologica che sta a monte dei comportamenti e dei "credo" dei membri. Questa base ideologica può essere legata a vere e proprie filosofie di vita, credenze religiose, idee politiche.

    Un altro importante fattore di radicamento è l’omogeneità a cui tende il gruppo, dal punto di vista esteriore e comportamentale. Non necessariamente questo porta a vestire delle divise, ma le scelte relative agli abiti, alle acconciature dei capelli, o alla scelta di alcuni dettagli (Gadget), così come l’utilizzo di un gergo linguistico speciale può costituire un modello di riferimento sulla base del quale stimare l’appartenenza a un gruppo.

    I comportamenti e gli atteggiamenti dei gruppi giovanili ci offrono esempi molto chiari di questo.



    2. L’interdipendenza.

    L’appartenere a un gruppo determina una interdipendenza fra elementi soggettivi ed elementi intersoggettivi, elementi cioè che appartengono alla intimità di ogni individuo ed altri appresi invece a contatto con il gruppo. Le motivazioni, i comportamenti, gli atteggiamenti e le modalità relazionali assumono connotazioni tali da rendere interdipendente in senso dinamico il rapporto individuo-gruppo.

    Possiamo sostenere che la personalità sia in parte costruita sulla base di questa trama relazionale e gruppale. Ogni soggetto appare perciò - da un simile punto di vista - inserito in diversi contesti gruppali, come la famiglia, la scuola, altre comunità, che finiscono con il concorrere a formare la personalità e a orientarla in direzioni condivise a vari livelli.

    A. Bauleo identifica ben quattro livelli disposti in una struttura di tipo capillare, che si sfoglia dall’interno all’esterno.

    Esiste un primo nucleo fondamentale della personalità, improntato in senso strettamente soggettivo, che rappresenta la matrice psico-biologica individuale su cui si stratificano via via i livelli gruppali superiori.

    Ma si tratta di una parte, benché importante, della struttura della personalità. Una parte sulla quale gli psicologi hanno storicamente concentrato la loro attenzione, mettendo in luce gli aspetti che riguardano la dimensione della soggettività. La psicologia ha da sempre manifestato, e ancora manifesta, una intrinseca vocazione a proporsi come la scienza dell’individuale, dell’intimo, del segreto proprio al singolo.

    Per tale motivo solo recentemente si sono adeguatamente analizzati i fattori sociali che contribuiscono alla formazione della individualità e a caratterizzarla in senso personale e gruppale.

    Alla fine dell’Ottocento autori come Théodule Ribot avevano già avuto modo di osservare quanto l’organizzazione della personalità fosse lontana dal presentare sempre e in ogni occasione una unica sfaccettatura. La personalità assumeva le sembianze di qualcosa di sfumato, scontornato, miscibile e riconducibile a diversi aspetti dell’io. O addirittura poteva assumere molte e diverse caratteristiche a seconda dei contesti di vita del soggetto. La personalità non dipenderebbe da un Io forte e strutturato, ma da una sorta di federazione di "io" minimali, coordinati e diretti, volta per volta, da quello che nella situazione risulta essere il più congeniale.

    21/12/05 11:09 da manhã  
    Blogger rutger said...

    il fine di una pizza giustifica sempre il mezzo...ehehehehhe

    22/12/05 9:06 da manhã  

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