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saido da cabeça de rutger @ 11:28 da manhã
Poiché andavo scendendo lungo i fiumi impassibili, Sentii che i bardotti non mi guidavan più: Ignudi ed inchiodati ai pali varipinti, I pellirosse striduli li avevan bersagliati. Col mio cotone inglese, col mio grano fiammingo, Non mi curavo più di avere un equipaggioQuando, assieme ai bardotti, si spensero i clamori, I fiumi mi lasciarono scender liberamente. Dentro lo sciabordare aspro delle maree, L'altro inverno, più sordo di una mente infantile, Io orsi! E le Penisole strappate dagli ormeggi Non subirono mai sconquasso più trionfante. La tempesta ha sorriso ai miei risvegli in mare. Più lieve di un turacciolo ho danzato sui flutti Che eternamente spingono i corpi delle vittime, Dieci notti, e irridevo l'occhio insulso dei fari! Più dolce che ai fanciulli qualche acida polpa, L'acqua verde filtrò nel mio scafo di abete E dalle macchie rosse di vomito e di vino Mi lavò, disperdendo il timone e i ramponi. Da allora sono immerso nel Poema del Mare Che, lattescente e invaso dalla luce degli astri, More l'acqua turchese, dentro cui, fluttuando, Scende estatico un morto pensoso e illividito; Dove, tingendo a un tratto l'azzurrità, deliri E ritmi prolungati nel giorno rutilante, Più stordenti dell'alcol, più vasti delle lire, Fermentano i rossori amari dell'amore! Io so i cieli che scoppiano in lampi, so le trombe, Le correnti e i riflussi: io so la sera e l'Alba Che si esalta nel cielo come colombe e stormo; E qualche volta ho visto quel che l'uomo ha sognato![...] Sognai la notte verde delle navi abbagliate, Bacio che sale lento agli occhi degli Oceani, La circolazione delle linfe inaudite, E, giallo e blu, il estarsi dei fosfori canori![...] Ho cozzato in Floride incredibili: fiori Sbocciavano tra gfli occhi di pantere con pelli D'uomo! In arcobaleni come redini tesi A glauche mandrie sotto l'orizzonte dei mari! Ho visto fermentare gli stagni enormi, nasse Dove framezzo ai giunchi marcisce un Leviatano! Frane d'acqua scuotevano le immobili bonaccie, Cateratte lontane crollavano nei baratri! Ghiacciai, soli d'argento, flutti madreperlacei, Cieli ardenti! Incagliavo in fondo a golfi bruni Dove immensi serpenti mangiati dalle cimici Cadon, da piante torte, con oscuri profumi! Ai bimbi, avrei voluto mostrare le dorate Dell'ombra cupa e azzurra, o quei pesci canori. - Schiume di fiori, mentre salpavo, m'han cullato, E talvolta ineffabili venti m'han dato l'ali. Martire affaticato dai poli e dalle zone, Il mare che piangendo mi addolciva il rullio Faceva salir fiori d'ombra, gialle ventose, Ed io restavo, simile ad una donna in ginocchio, Quasi isola, scuotendo sui miei bordi i litigi E lo sterco di uccelli agli occhi biondi, e urlanti. Vogavo e attraverso i miei legami fragili Gli affogati a ritroso scendevano a dormire! Io, battello, perduto nei crini delle cale, Spinto dall'uragano nell'etra senza uccelli, -Né i velieri anseatici, né i Monitori avrebbero Ripescato il mio scafo ubriaco d'acqua, - [...] Io che anavo chiazzato dalle lunule elettriche, Folle trave, scortato dagli ippocampi neri, Quando il luglio faceva crollare a scudisciate I cieli ultramarini dai vortici infuocati; Io che tremavo uendo gemere a cento leghe I Behemot in foia e i densi Maèlstrom, Filando eternamente sull'acque azzurre e immobili, Io rimpiango l'Europa dai parapetti antichi! Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole Dai cieli deliranti aperti al vogatore: - E' in queste notti immense che tu dormi e t'esili Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro? Ma basta, ho pianto troppo! Le albe sono strazianti. Ogni luna mi è atroce e ogni sole amaro: L'acre amore mi gonfia di storenti torpori. Oh, la mia chiglia scoppi! Ch'o vada in fondo al mare! Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo, Un bimpo malinconico abbandona, in ginocchio, Un battello leggero come farfalla a maggio. Non posso più, bagnato a quei languori, onde, Filare nella scia di chi porta cotone, Né fendere l'orgoglio dei pavesi e dei labari, Né vogar sotto gli occhi orrendi dei pontoni
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